Il Tango è una storia d'amore |
“Un aneddoto racconta che ogni vero macho argentino spera sempre, in cuor suo, che la moglie lo tradisca, per poter finalmente cantare un tango con tutto il sentimento che necessita… E’ l’ironia che ti dà quel tanto di distacco, che ti permette di gustare tutte le sfumature di musiche e versi che, presi con troppa serietà, sfocerebbero nel kitsch. Pier Aldo Vignazia di ironia ne ha da vendere facendo, guarda caso, il disegnatore satirico. E lo fa su una rivista che si chiama Famiglia Cristiana... Adesso scopro che, oltre al disegno satirico, con Vignazia ho in comune anche la passione per il tango argentino. Questo libro può esservi utile per iniziare un bel percorso, per incontrare una cultura troppo spesso oscurata dai meccanismi commerciali internazionali, che prediligono la pur grandissima musica e poesia nord-americana. Vi sarà di aiuto a togliervi dalla mente una serie di luoghi comuni che, da Rodolfo Valentino in poi, hanno dato versioni molto lontane dal vero spirito del tango.” Sergio Staino
Tratto da un capitolo de Il Tango è una storia d'amore... SCARPELe scarpe per il tanguero e soprattutto per la tanguera, sono un feticcio, sono il totem del tango. Il primo segno che uno sta prendendo la passione per il tango è quando decide di comprarsi le scarpe. Le possibilità che ha non sono molte: se abita in una grande città, forse può trovare qualche negozio specializzato in scarpe da ballo; altrimenti non gli resta che viaggiare. Fino alla grande città, o fino alla prima fabbrica di scarpe specializzate. Che per alcuni può trovarsi anche a Buenos Aires. L’uomo entra nel negozio, si fa dare un catalogo e, nascoste fra le scarpe da ballo standard, latino americano, liscio unificato, danze jazz, charleston, trova anche le pagine dedicate alla “scarpe da tango”. Ci sono i modelli in vacchetta, scamosciato, bicolori bianche e nere o nere e marroni, di vernice, con la suola rigorosamente in bufala scamosciata per avere migliore presa sulla pista e il tacco “alla francese”, ossia di forma tronco conica, alto dai due centimetri e mezzo in su. Se le prova, e già si sente un semidio del tango, un Pablo Veron o un Juan Carlos Cope (nota 1) che balla la sequenza di “Recuerdo” con Mia Maestro (nota 2) nella pellicola di Saura (nota 3). Sceglie le più belle: quelle in vernice bianche e nere, col tacco da quattro centimetri che stanno come un guanto e paiono fatte sui suoi piedi: nemmeno le Adidas da jogging gli paiono così comode. Eppoi, diciamoci la verità: quattro centimetri di tacco fanno proprio tango, fanno guappo, in ogni caso fanno qualcosa di ispanoamericano. Forse addirittura gaucho: il massimo, per un principiante di tango. La sua compagna, nel frattempo, è ancora indecisa nella scelta: se per l’uomo le possibilità erano svariate, per la donna sono pressoché infinite. A parte l’altezza del tacco, che rappresenta sempre una sfida di equilibrio per la maggior parte delle donne d’oggi, abituate a scarpe basse e quasi maschili, per la tanguera principiante la scarpa da tango rappresenta il reingresso in un archetipo femminile desueto e spesso coscientemente o meno rifiutato: quello della donna fatale, la donna-donna, per cui il tacco alto è quasi l’emblema di quel tipo di seduzione che alla maggior parte delle donne emancipate di oggi pare una rinuncia alle conquiste di parità fra i sessi, al punto tale che per mettersi reggiseni push-up, minigonne, tanga, e passare ore dall’estetista o in palestra, esse devono raccontarsi che lo fanno per piacere e a se stesse. E possibilmente crederci. Ma il tacco alto è qualcosa di più di un vestito firmato o di un tanga: è rischioso, fa male ai piedi, indurisce i polpacci. Non ci sono maschere: non lo si mette per piacersi, ma per il piacere dell’uomo. O per il piacere del tango. Che necessita di tacchi alti per aiutare la donna a stare inclinata verso il partner, ma senza caderci addosso: il che in un certo senso salva la capra e i cavoli, ovvero sia l’emancipazione femminile, sia la natura delle cose. E nelle scarpe da tango femminili –bisogna pur dirlo- i creatori di moda da ballo hanno dato sfogo ai loro più bassi istinti: fatto salvo l’indispensabile cinturino all’altezza della caviglia, che impedisce alla calzatura di sfilarsi, si sono sfogati nelle maniere più kitsch, e hanno prodotto scarpe aperte, chiuse, con lustrini, di vernice, con brillantini, con perline, con i tacchi delle più svariate altezze, alcune delle quali paiono riprese direttamente da campionari sadomaso, a parte la porzione terminale, che non è mai veramente a spillo, ma piuttosto “a rocchetto”, ossia con un’elegante leggera svasatura verso terra, che nelle scarperie di moda non si vede probabilmente dagli anni ’30. Effettuata la scelta, come abbiamo detto scarpe di vernice bianche e nere con il tacco da quattro centimetri per lui, con brillantini bicolori neri e rossi e tacco da dodici centimetri per lei, i nostri tangueros principianti se ne escono dal negozio, orgogliosi del loro acquisto. Non vedono l’ora di indossare le splendide calzature alla prima occasione. Che viene la sera stessa, perché certi acquisti o si fanno sull’onda, o si rimandano. Emozionati, orgogliosi, ma facendo finta di niente, si siedono al tavolino e iniziano l’operazione di cambio calzature. Si tolgono le comode polacchine con cui erano entrati nel locale e indossano i nuovi acquisti. Stupendi. Sembra loro che tutti li stiano osservando, invidiosi. In realtà non è vero, perché anche tutti gli altri tangueros nello stesso istante stanno indossando le loro scarpe con lo stesso pensiero, e il risultato è che ciascuno guarda solo i suoi piedi e non ha né tempo né occhi per quelli degli altri. L’orchestra attacca un tango. I nostri eroi si alzano. Si alzano. Si alzano. Si alzano. Non sembra loro di finire più di alzarsi, lei coi suoi dodici centimetri lui con i suoi quattro, che per un uomo sono paragonabili a circa una ventina, dei centimetri da donna... E una volta in piedi, traballanti, incespicanti, rischiando ad ogni passo la caviglia, si mettono in pista. Non è che la pista faciliti. Il materiale di cui è fatta, purtroppo, proviene pur sempre dal nostro universo, deve pur sempre seguire le dure leggi della fisica. E le leggi della fisica sono sempre particolarmente implacabili, con le scarpe nuove dal tacco alto. Però, la forza di volontà, quella che ha permesso all’uomo di arrivare sulla Luna, riesce a tenere in piedi i nostri due virtuosi: infatti si dice sempre che il tango è un essere con due teste e quattro gambe. Chi l’ha notato e detto, doveva senz’altro essere una coppia di principianti con le scarpe nuove. Quattro gambe, c’è poco da dire, aiutano. Soprattutto se la coppia balla ben abbracciata (“apilada” si dice in gergo), sono meglio di due. Fino al momento in cui, ormai rinfrancati, anche se con i piedi dolenti, i nostri due eroi tentano l’ultimo passo appena appreso nell’ultima lezione dalla coppia di maestri argentini doc che in questo momento sta ballando – perfetta (e c’è da dubitarne?)- subito dietro di loro. Sarà il desiderio di farsi vedere dai maestri, sarà la voglia di mostrare meglio le scarpe nuove, ma ecco che lui guida lei in un incrocio al quinto passo, incrociando a sua volta. E riesce bene, riesce perfetto, con i piedi vicini e le scarpe di entrambi bene unite: da manuale. Come poteva sapere, lui, che le scarpe di vernice, così belle, così perfette, così comode quando se ne stanno distanti, se appena si toccano l’una con l’altra rimangono attaccate come se ci avessero buttato in mezzo un tubetto di adesivo istantaneo? Come poteva sapere lei che quei bellissimi brillantini, così appariscenti ed eleganti quando i piedini svolazzano a destra e a sinistra, nel momento in cui le calzature si accostano si trasformano invece nel più perfido dei velcri, agganciandosi l’un l’altro in modo inestricabile? Come potevano saperlo, se nessuno glielo aveva detto? Quattro gambe sono meglio di due: ma quattro gambe legate sono molto peggio di due gambe sciolte. E la nostra coppia fracassa sul pavimento senza avere il tempo di fare nemmeno un gesto di reazione. Fracassa abbracciata, perché il tango è un po’ la sintesi della vita, mentre i due maestri argentini doc li sorpassano con un sorriso che è insieme amichevole (per gli Argentini l’amicizia è sacra) e di compassione, senza perdere nemmeno una nota o un “compás” (nota 4) del tango che sta suonando, comodi e tranquilli nelle loro scarpe da jogging. Note: (nota 1) Grandi ballerini contemporanei di tango(nota 2) Attrice e ballerina argentina (nota 3) Ci si riferisce al film “Tango” di Carlos Saura (1998) (nota 4) Ritmo |